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La Torre dell'Orologio - collana La Scala

Romanzo


Data uscita
Agosto 2021
Condizioni
 
very fine legenda
Copie disponibili
solo una copia
Venduto da
BCLibri
bclibri@delosstore.it
Autore
Simongini Franco
Collana
La Scala
Rizzoli 1979
Genere
Fantascienza

Un gustosissimo romanzo di fantapolitica che si svolge in una Roma del futuro ormai trasformata in una colonia degli Stati Uniti Arabi !!!!!

Un giallo o un romanzo satirico fantapolitico? Una guida segreta a una Roma arabo-barocca o un libro visionario e apocalittico? Tutti questi aspetti si amalgamano e s’intrecciano nel sorprendente romanzo di Simongini, La torre de/l’orologio, che ha come sfondo la visione di una Roma apparentemente semplice, quasi mimata nelle situazioni e nel linguaggio dal cinema e dalla televisione, con l’intervento di personaggi veri, mascherati da una chiave interpretativa abbastanza trasparente.
La storia ha inizio con la scoperta, da parte di una troupe televisiva, del cadavere di una giovane donna, Carmela, nell’appartamento di un palazzo cadente nel centro della vecchia Roma. E da qui si dipanano le indagini del commissario Fiordello per scoprire, sotto l’aspetto modesto e banale di Carmela, tutto un intreccio e un intrico di ricatti, di speculazioni, di perversioni, a cui non sono estranei addirittura i vertici supremi del Potere Politico. Sarà la Ragione di Stato a prevalere o il paziente, tenace Fiordello?
L’ambiente del romanzo è un quartiere di Roma, il rione Ponte, tra via Giulia, Corso Vittorio e la Chiesa Nuova con la torre dell’orologio del Borromini; e poi piazza Navona e Trastevere, l’antica Roma cinquecentesca e seicentesca deve vissero, nel bene e nel male, famiglie nobili, avidi usurai, banchieri truffaldini e artisti come Raffaello, Michelangelo, Cellini, Borromini, Rubens, l’Aretino...
Ma la Roma di Simongini è anche proiettata in un ipotetico futuro, e trasformata in colonia degli Stati Uniti Arabi, a mezzadria con le multinazionali straniere, dove persino il palazzo della Televisione è presidiato da uomini armati dei vari Emiri e Pascià, le strade e le piazze sono invase da cammelli, e i muezzin pregano al tramonto sul minareto al suono delle mille campane delle chiese romane. Nella Torre dell’orologio Roma si trasforma in una sorta di città levantina, sporca, frenetica, corrotta. E i romani vivono facende perlopiù i barbieri e i sarti; oppure diventano spie, prostitute, mandolinisti, venditori ambulanti o ciarlatani. Tutto il romanzo è dunque sospeso in un clima di realtà e finzione, come in certi dipinti seicenteschi, nei quali il reale e l’immaginario si fondono e si riflettono nel grande e struggente affresco di una Roma bellissima e decadente, vera e allo stesso tempo improbabile.
Scritto in una prosa letterariamente ricca di umori e colori che ben s’adatta all’ambiente e ai personaggi, in uno stile tenuto sempre alto e teso, sotto l’apparente divertimento e la satira ferocela tragedia e l’elogio al pèssimismo, il romanzo, fedele a sé stesso, termina in maniera paradossale:
con l’anatema di giordano Bruno che, uscendo dalla bocca della statua del filosofo a Campo dé Fiori, si abbatte ammonito- rio su una piazza colma di gente che ride, mangia e sghignazza. Allucinazione? Finzione di una ripresa cinematografica o tele- visiva? O visione irreale più reale della realtà? Roma diventa così uno “spettacolo, un rito, una festa che ogni giorno, ogni sera, si rinnova senza alcun significato, senza alcuna pietà: un uomo può morire per un’idea, per una rapina, un agguato, un errore, alla luce del sole che riscalda e placa la malleabile anima popolare,.,”,